Massimo Mastrorillo: Il piu’ e’ uguale al meno
MASSIMO MASTRORILLO ha lavorato prevalentemente a progetti a lungo termine concentrandosi sulle profonde conseguenze di conflitti e disastri naturali sulla società.
Tra i suoi progetti più importanti: “Mozambique, a nation balanced between poverty and dream”, “Indonesia: Just Another Day”, Omicidio Bianco”, “Bosnia and Herzegovina: if chaos awakens the madness”, “Life after zero Hour e “ALIQUAL”.
Ha ricevuto diversi premi, tra cui il World Press Photo, il Picture of the Year International, il Best of Photojournalism, il PDN Annual, il Fnac Attenzione Talento Fotografico, l’International Photography Award, l’International Photographer of the Year al 5° Lucie Awards e il Sony World Photography Awards. E’ stato finalista all’Aftermath Grant 2011. È stato selezionato per il Vevey Images Grant 2015 e ha ricevuto la nomination per il Prix Pictet 2009 e 2015.
Da anni è impegnato nell’insegnamento con esperienza pluriennale presso la Scuola Romana di Fotografia, la Leica Akademie e la D.O.O.R. Akademy. E’ Leica Ambassador Italia. È uno dei membri e fondatori di D.O.O.R., una factory romana che si occupa di fotografia, arti visive e publishing.
Il più è uguale al meno
“Più” e “meno”. Addizione e sottrazione. In matematica al variare dei segni, varia il risultato. Fuori dal linguaggio di Pitagora, entrando nelle parentesi della vita, che valore diamo a questi semplici simboli o innocui avverbi? Il nostro bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Questione d’indole o di stato d’animo. E se, invece, il “più” fosse uguale al “meno”, come cambierebbero le prospettive? Massimo Mastrorillo parte da questa frase, da questo detto della tradizione popolare calabrese, per costruire un progetto fotografico che si muove proprio sul filo sottile di quest’atavica e apparentemente surreale saggezza.
Lo fa attraversando i vicoli, i mercati, gli aranceti; entrando nelle case, nelle chiese e nelle memorie private; infine, varcando la soglia del contatto con le persone e dell’esplorazione della natura.
Con uno stile rarefatto, lontano dai canoni classici dell’estetica, intesse una rete di addizioni e sottrazioni visive, fatta di sovra e sottoesposizioni, di sottili incastri tra vuoti e pieni, di verticalità essenziale che sembra corrispondere al “meno” e di un riallargarsi del campo visivo nei rari, ma potenti, paesaggi naturali. Un gioco di tasselli, un rebus per immagini che lascia ampi margini interattivi e interpretativi all’interlocutore.
Alla fine del percorso quello che resta è un senso di puro relativismo insito nella natura delle cose. E se una formica può attraversare l’aria come un funambolo su una corda da bucato, forse davvero, in una visione più ampia delle possibilità universali, il “più” è uguale al “meno”, e la differenza la facciamo noi.
Pamela Piscicelli/D.O.O.R.
Un commento
Pingback: