Fabiomassimo Antenozio

Fabiomassimo Antenozio è un fotografo di Roma.

Laureato nel 2008, in Grafica e Progettazione Multimediale con 107/110 presso l’Università di Roma, La Sapienza, Valle Giulia, con una tesi fotografica sull’architettura popolare di Montesacro.

Appassionato da sempre nell’indagare i vari aspetti delle realtà, abbandona in parte la grafica, per dedicarsi alla fotografia. Nello stesso anno, si iscrive al corso di reportage, presso la scuola CSF Adams di Roma, con i docenti Tano D’Amico e Dario De Dominicis.

Nel 2010-11, un lavoro sugli All Reds di rugby dell’Ex Cinodromo (Acrobax), lo porta alla sua prima mostra collettiva con il CSF Adams. Da qui, nascerà l’idea di lavorare come fotografo di eventi per autofinanziarsi alcuni progetti fotografici. Nel 2013 e 2014 i primi viaggi in Bolivia per raccontare uno dei 36 “pueblos” riconosciuti dallo Stato Plurinazionale di Evo Morales, gli Afroboliviani, nelle regioni dello Yungas, Potosì e La Paz. Nel 2020, ha inizio il progetto dal titolo “Verde mennonita”, che lo porterà nella parte orientale della Bolivia, la regione di Santa Cruz de la Sierra e si interromperà con l’arrivo della pandemia.

Il Lavoro terminerà a marzo 2023.

Questo progetto, composto da 26 fotografie, è arrivato secondo su 648 al concorso Portfolio Italia 2023 della FIAF, esposto a Bibbiena presso la CIFA, inserito nel festival ReWriters, ha ricevuto la Menzione d’Onore al Prague Photo 2023, esposto a Roma alla KromArt Gallery ed ora esposto nella meravigliosa cornice del Castello Ducale di Corigliano Calabro. Pubblicato sulla rivista El Pais Semanal (marzo 2024), sui Magazine online, Berlino Magazine e Travel Globe.

VERDE MENNONITA

 

Di Fabiomassimo Antenozio

Arrivati in Bolivia all’inizio degli anni ’50 principalmente dal Paraguay, dal Messico e dal Canada, i mennoniti boliviani sono oggi circa 100.000, con una popolazione in costante crescita demografica. Comunità anabattista, per mantenere la propria cultura quando emigrano in una nuova nazione richiedono alcuni privilegi in particolare la libertà di religione, scuole private dove si insegna esclusivamente la Bibbia ed esenzione dal servizio militare. Sono conservatori e tradizionalisti. Rifiutano ogni forma di modernità, violenza e pigrizia. Non fumano e non bevono. Vivono senza elettricità, automobili, telefoni, televisori, contraccettivi e altre moderne tecnologie che considerano vizi.

Continuano a parlare Plautdietsch (basso tedesco) e solo pochi uomini parlano correttamente lo spagnolo. Particolarmente difficile è la condizione delle donne, costrette a ruoli subalterni.

Vivono nell’inconsapevolezza della modernità, stritolati da una cultura dagli orizzonti ristretti, da un super-io religioso angosciante e penalizzante, che soffoca la vitalità dell’individuo spesso occultata dai capi religiosi che non permettono lo sviluppo e la conoscenza per proteggerne la cultura.

La loro economia è basata sull’agricoltura, producendo monocolture di mais, grano e soprattutto soia, prodotti, geneticamente modificati.

I rapporti delle comunità mennonite con il mondo esterno si limitano alla compravendita di beni agricoli e sono tra i principali acquirenti di agrochimici che utilizzano in larga scala, inconsapevoli dei rischi.

Proprio gli effetti di questo ampio consumo di pesticidi, alcuni dei quali vietati in Europa, ma ancora legalmente venduti in Bolivia, possono essere causa di danni al sistema nervoso centrale, al sistema endocrino e agli apparati riproduttivi con effetti anche cancerogeni per l’uomo.

Inoltre, la scarsa cultura generale, che si affida alla volontà di Dio, dove in pochi parlano spagnolo e ancora meno sanno leggerlo, non permette di seguire le linee guida per maneggiare queste sostanze.