ROBERTO MUTTI
UMANAMENTE POSSIBILE
La fotografia, in quanto linguaggio duttile e poliedrico, è in grado di affrontare, interpretandoli, gli aspetti più diversi della vita per trasmetterli con una immediatezza sconosciuta ad altri mezzi. Ovviamente occorre che i suoi interpreti la sappiano usare con abilità e competenza: fotografare appare un’operazione relativamente agevole perché utilizzare un pennello o uno scalpello sembra più difficile che premere il pulsante di una fotocamera ma per ottenere risultati di alto livello occorrono sensibilità, fantasia, creatività, cultura perché prima ancora che con un obiettivo si fotografa con gli occhi e la mente.
Le opere che costituiscono il corpo di questa mostra – tutte provenienti dall’Archivio Fotografico della Fondazione 3 M – intendono affrontare i diversi aspetti di una grande tematica di pressante attualità, quella che si interroga sui nostri stili di vita per riscoprire l’importanza di rapporti capaci di valorizzare quanto di più profondo lega gli uomini fra di loro. Perché la libera comunicazione, l’inclusione, la condivisione di ogni diversità, la necessità del confronto, la cura degli altri e di se stessi non sono enunciazione di principi o semplici parole ma atteggiamenti inseriti in una visione del mondo che vive di comportamenti concreti e reali consentendo così a tutti di non limitarsi ad osservare i cambiamenti impliciti nella contemporaneità ma di esserne consapevoli protagonisti.
La scelta delle immagini è legata all’intenzione di affrontare questi temi in modo non eccessivamente realistico o compiaciuto privilegiando, al contrario, opere capaci di esprimersi con dichiarata delicatezza muovendosi all’interno di una dimensione che indaga sul simbolico, presta attenzione ai particolari, gioca sul metaforico, allude più che affermare. In questa prospettiva è stato importante accostare immagini di autori diversi per stile, formazione, età, dando così vita a un percorso visivo capace di aprire prospettive inaspettate, riflessioni originali, intuizioni sorprendenti e di indurre in chi le osserva il desiderio di soffermarsi a indagare con la calma e l’attenzione necessarie a cogliere il messaggio di cui sono portatrici. Il dolore non appare mai in quanto tale ma diventano particolari di corpi levigati come quelli di Tatiana Mazzola che alludono alle ferite interiori, mani che Annalaura Catellan e Stefania Mazzara fanno muovere nello spazio come per farle volare verso una libertà conquistata o da conquistare. Ma le mani in questa mostra compaiono con una presenza che ora si fa delicata in Laila Pozzo e Federico Patrocinio, ora rassicurante in Elio Luxardo e Costantine Manos, ora decisa in Ferruccio Leiss e nel messaggio solidale voluto da Graziano Perotti. La simbologia, invece, nasconde sempre un messaggio di speranza in quella treccia di capelli di Lucrezia Roda attraversata da una vibrazione vitale, in quel gesto spontaneo con cui una bambina bianca stringe a sé una bambola nera, in quell’uovo che Silvia Amodio rende delicato ma anche solido nella sua capacità di proteggere la vita, in quella coppia che Stefania Ricci ha avvolto in un telo per alludere alla necessità di spogliarsi di sé per accogliere gli altri, in quel sorriso che accomuna una famiglia di nuovo genere, in quei baci fra innamorati colti da Giancarla Pancera, in quella in quei chicchi di melograno in cui Anna Maria Tulli ha visto crescere un cuore pulsante. I sentimenti si intrecciano come l’alternarsi delle vicende da cui siamo attraversati: ora a prevalere è la forza così intensamente espressa da Elio Luxardo, Desirée Sacchiero e Marco Moggio, ora è la leggerezza che come una liberazione si trova nell’immagine di Anna Laviosa e nel dittico in cui Raoul Iacometti sintetizza una vittoria raggiunta, in quelle ragazze legate da un rapporto di fratellanza mentre si fotografano, in quell’animale che ti respira accanto, che ti accompagna mentre osservi quanto ti sta attorno e un po’ ti rassicura. Poi ci sono, e non possono mancare, momenti, come quello colto da Giuliana Traverso, in cui gli sguardi, anche quelli di chi ti sta vicino, si perdono un attimo nel nulla. O altri in cui guardando un cielo stellato, ci ricorda Luca De Bono, si prova la struggente sensazione di essere davvero parte dell’universo dove anche i corpi celesti stabiliscono il proprio equilibrio attraendosi. La fotografia riesce a sorprendere cogliendo una lunga serie di gesti di affetto compresi quelli che, ce lo ricorda Giancarla Pancera, è giusto riservare a noi stessi e siamo così noi, in ultima istanza, a constatare quanti diversi modi esistono di accarezzare una persona.
Roberto Mutti