VITILIGO è un progetto fotografico che raccoglie una serie di ritratti ambientati di persone affette da vitiligine. Le immagini offrono allo sguardo una dimensione privata, spesso sofferta, troppo spesso rifiutata. Una dopo l’altra, ci invitano a compiere un percorso conoscitivo e, insieme, di riflessione sui canoni estetici dominanti.
La vitiligine è una malattia cronica non contagiosa caratterizzata dalla comparsa sulla cute di aree di depigmentazione dovute a riduzione o assenza di melanociti, le cellule che producono la melanina, il pigmento responsabile della colorazione della pelle. Colpisce una percentuale compresa tra l’1 e il 2% della popolazione mondiale, senza alcuna distinzione di età, sesso o etnia, e ha un decorso imprevedibile.
Le cause esatte del disturbo sono ancora ignote, ma diversi fattori partecipano alla sua eziopatogenesi, tra i quali una reazione autoimmunitaria, lo stress o l’esposizione a eventi traumatici, e l’ereditarietà. Sebbene i vari trattamenti disponibili – dalle terapie topiche con creme o lozioni, alla fototerapia, alle cure farmacologiche – contribuiscano a ridurne la visibilità, allo stato attuale non esiste ancora una cura.
VITILIGO si interroga, inevitabilmente, sui temi della bellezza, dell’identità e del cambiamento. Ciò porta a domandarsi cosa sia la bellezza nella società contemporanea, e fino a dove ci si possa spingere in nome dell’estetica. Perché le conseguenze emotive della stigmatizzazione possono essere devastanti: bassa autostima, ansia, e persino depressione.
In altre parole, questa malattia non è solo una questione di pelle. Chi ne soffre affronta un cambiamento sia fisico che psicologico, perché la vitiligine può avere effetti negativi sulle interazioni sociali, sui rapporti sentimentali e sessuali, e sulla carriera di una persona. Accettare questo cambiamento è ancora più complicato se la vitiligine si diffonde rapidamente, portando a una metamorfosi che obbliga il soggetto a fare i conti con la perdita non solo del pigmento della pelle, ma anche di parte della propria identità, e in caso di carnagione scura anche della propria identità razziale o etnica.